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novembre
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Violenza sulle donne: 31.380 dipendenti con il Progetto Libellula partecipano ad attività di sensibilizzazione e informazione all’interno delle loro aziende durante tutto l’anno.
La storia di Gabriella: una dipendente che è riuscita a togliere la maschera.
Sono 31.380 i dipendenti delle 23 aziende aderenti al Progetto Libellula che da un anno partecipano a progetti di sensibilizzazione e informazione contro la violenza sulle donne. Un numero davvero importante reso possibile da questo network di aziende, promosso da Zeta Service, che ha lo scopo di ideare ed organizzare politiche attive e concrete sui posti di lavoro, ossia laddove si passa più tempo ogni giorno e dove uomini e donne non sono solo professionisti ma persone che portano all’interno anche i loro vissuti e il loro dolore.
Un progetto voluto fortemente dal Zeta Service, l’azienda più “rosa” d’Italia, specializzata in payroll, consulenza del lavoro ed HR, 230 collaboratori, all’80% donne.
“Quella di Progetto Libellula è un’esperienza straordinaria, perché costruisce un impegno contro la violenza che va al di là della semplice denuncia, disegnando un percorso di formazione e informazione che coinvolge attivamente tutti i dipendenti, rendendoli più consapevoli sul fenomeno e incentivando una presa di coscienza che parte anche dalle piccole cose del quotidiano. Quello che stiamo facendo quindi non è solo una campagna contro la violenza, ma un progetto che propone valori e la diffusione di una cultura della bellezza, anche grazie al ruolo attivo delle aziende, consapevoli del proprio ruolo sociale.”
Un progetto che ha permesso anche di portare alla luce storie di violenza inaspettate, che ha permesso alle vittime di prendere coraggio e di uscire allo scoperto. Come nel caso di Gabriella, 49 anni, due figli, che per anni ha subito violenza e abusi da un uomo. Un’esperienza che l’ha segnata profondamente, sia nello spirito che nel corpo, tanto che ha ancora bisogno di cure mediche. Eppure i suoi colleghi di lavoro l’hanno sempre descritta come allegra e solare. Ma era solo un’apparenza. Gabriella è proprio una di quelle colleghe sempre sorridenti, che il Progetto Libellula ha permesso di far conoscere. Al suo fianco anche la sua azienda, il Gruppo Ingo, che fa parte del Progetto Libellula e che lei descrive come “Una realtà enorme, ma in grado di diventare una famiglia in caso di bisogno.”.
Interessante la ricerca svolta su un campione di 3149 questionari anonimi raccolti tra i dipendenti delle aziende aderenti al network prima di intraprendere concretamente il percorso del progetto: il 23% delle donne e partecipanti dichiarano infatti di aver subito forme di violenza: al 60% psicologica, al 38% fisica, ma anche violenza sessuale al 22%, stalking al 22%, molestie sul lavoro al 15%. Ma se il 75% afferma di essere interessato all’argomento, solo il 39% ritiene di essere adeguatamente informato, soprattutto grazie alla cronache dei media. E solo il 9% è stato informato sul luogo di lavoro. Ben il 33% conosce episodi di violenza nella propria rete di relazione sociale e il 21% pensa che anche fra le colleghe possano esserci delle vittime di violenza.
Una violenza che può avere ripercussioni anche sulle carriere: “Io ho avuto la fortuna di lavorare per una azienda che ha compreso il mio dolore e che mi ha aiutata, anche quando mi sono rivolta ad una struttura specializzata e mi sono assentata per 4 mesi. Ma molte altre donne sono costrette a nascondere il proprio disagio sul posto di lavoro, vuol dire che saranno demotivate, meno produttive, diffidenti. Se invece viene data loro la possibilità di esporsi e di affrontare il problema, faranno del bene a se stesse ed all’azienda.” – ha concluso Gabriella.